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L'educazione alla neurofisiologia del dolore è uno strumento efficace nella gestione dei disordini muscolo-scheletrici?

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Titolo originale: The efficacy of pain neuroscience education on musculoskeletal pain: A systematic review of the literature
Primo autore: A. Louw
Altri autori: K. Zimney, E.J. Puentedura, I. Diener
Rivista: Physiotherapy Theory and Practice
Data di pubblicazione: Giugno 2016
  • Credibilità 3.5
  • Praticità 4.5
A cura di Rigo Adriano

Introduzione

I modelli educativi basati su aspetti patoanatomici o kinesiopatologici hanno dimostrato una limitata capacità di ridurre il dolore muscolo-scheletrico, oltre alla possibilità di incidere negativamente su paure e credenze nei pazienti. L’educazione alla neurofisiologia del dolore rappresenta una modalità educativa che si pone in antitesi a tali modelli. L’obiettivo in questo caso è quello di focalizzare l’attenzione del soggetto sui meccanismi biologici e fisiologici che sottendono la percezione del dolore, per aiutarlo a riconcettualizzare il proprio dolore con l’obiettivo di gestirlo al meglio. Lo studio preso in esame rappresenta l’aggiornamento di una revisione sistematica del 2011.

Materiali e Metodi

Utilizzando la stessa metodologia di ricerca del precedente studio, è stata effettuata una revisione sistematica su diversi database coprendo un periodo che va dal 2002 al 2015. Gli studi inclusi sono solo RCT che abbiano valutato l’efficacia dell’educazione alla neurofisiologia del dolore come unico intervento o in associazione ad altri interventi. Non sono stati posti limiti alle misure di outcome utilizzate, poiché gli autori si aspettavano grande eterogeneità negli studi, sulla base dell’esperienza precedente. La qualità degli studi è stata valutata da due revisori separatamente, attraverso l’uso della scala PEDro.

Sintesi

I risultati di questo studio dimostrano come l’educazione alla neurofisiologia del dolore sia uno strumento efficace per migliorare il dolore, la disabilità, la catastrofizzazione, i comportamento di paura-evitamento, le credenze rispetto al dolore, la performance motoria e per ridurre l’utilizzo di risorse sanitarie. Sebbene non tutti i lavori compresi nello studio abbiano rilevato una maggiore efficacia di questo intervento rispetto ad altri, in nessuno studio l’educazione alla neurofisiologia del dolore ha ottenuto risultati inferiori a quelli del gruppo di controllo, indipendentemente dall’outcome analizzato o dal tipo di intervento di controllo. Negli studi analizzati dagli autori, l’educazione al dolore veniva proposta tramite la somministrazione di materiale informativo che il paziente doveva leggere in autonomia, oppure con interventi educativi uno ad uno o in gruppo, di durata variabile da 30 minuti a 4 ore. Visti i bassi costi di somministrazione e la forte evidenza di efficacia, questo lavoro indica chiaramente come l’educazione alla neurofisiologia del dolore rappresenta una modalità di trattamento con un buon rapporto costi-benefici. È interessante notare che l’educazione alla neurofisiologia al dolore utilizzata come singolo intervento non risulta efficace nel ridurre il dolore. Al contrario, se utilizzata in aggiunta ad altri interventi di tipo motorio, la stessa educazione si è rivelata efficace nel ridurre il dolore dei pazienti. Pertanto questo studio sottolinea l’importanza di associare all’educazione un intervento motorio per poter incidere maggiormente sul comportamento e la percezione del paziente.

Conclusioni

I risultati di questo studio ci invitano a considerare l’educazione alla neurofisiologia del dolore come una valida opzione terapeutica da inserire all’interno della nostra pratica clinica. L’educazione può essere articolata in diversi modi e quindi può essere adattata a diversi contesti terapeutici, ad esempio un trattamento faccia a faccia o in gruppo. Inoltre questo tipo di intervento non si pone in contrapposizione con altri interventi “hands on” o “hands off”; anzi risulta più efficace se associata ad altre terapie che prevedano trattamenti attivi e/o passivi. Tuttavia conoscere e saper spiegare la neurofisiologia del dolore potrebbe portarci a riconsiderare le spiegazioni che quotidianamente diamo ai nostri pazienti per chiarire le ragioni dei loro sintomi o meccanismi d’azione delle altre proposte terapeutiche ordinarie, quindi la terapia manuale o gli esercizi. Questo passaggio può essere molto formativo per noi e può aiutarci a porre l’adeguata attenzione sugli aspetti più rilevanti dei vari interventi, evitando di focalizzarci troppo su particolari che, probabilmente hanno poca influenza sul risultato finale. Infine, dobbiamo tenere in considerazione che non tutti i pazienti necessitano di un intervento intensivo di neurofisiologia del dolore. Talvolta possono essere sufficienti semplici metafore o brevi spiegazioni per indirizzare il paziente verso un approccio al problema che sia più funzionale al recupero.

Il parere del Revyouer

Sfortunatamente l’articolo non spiega in maniera esaustiva la modalità di ricerca effettuata, limitandosi a riportare alcune delle parole chiave utilizzate. Per di più, non è stato possibile svolgere una metanalisi a causa dell’eterogeneità dei lavori raccolti. Sebbene gli autori abbiano evidenziato delle differenze nelle diverse modalità di intervento, sarebbe stato interessante effettuare un’analisi per sottogruppi rispetto al tipo di problematica, poiché le condizioni analizzate erano le stesse in diversi studi. Bisogna dire, però, che l’educazione sui meccanismi del dolore rappresenta una delle manifestazioni del cambio di paradigma che sta recentemente avvenendo nella gestione dei disordini muscolo-scheletrici. Questo lavoro offre un’ampia panoramica su tale approccio educativo, sia in termini di modalità di applicazione che in termini di efficacia dei risultati, evidenziandone le potenzialità e i limiti. Inoltre aiuta il lettore a integrare questa modalità terapeutica con gli altri interventi che proponiamo quotidianamente ai nostri pazienti, così da facilitarne il trasferimento nella pratica clinica.

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